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Faire l’arbre fourchu
Riassunto di una piccola conferenza di Raffaele Giannetti
domenica 6 Ottobre 2013
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Il ramo più alto era in realtà la radice più bassa.
(I. Calvino, La foresta-radice-labirinto)

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Faire l’arbre fourchu è una bellissima espressione francese che ci parla ancora dell£analogia fra gli uomini e le piante, e, nello stesso tempo, di una singolare caratteristica di questa somiglianza: gli alberi, secondo i Greci antichi, sono degli «uomini a capo di sotto».
Ora vogliamo mostrarvi un albero davvero singolare, un albero che non si trova soltanto in questa regione o in questi dintorni; al contrario, quest’albero vive e vegeta dappertutto. Si tratta di un albero che ha senza dubbio prestato alcune delle sue caratteristiche all’olivo dell’antica Grecia. Abbiamo visto, infatti, che questo albero porta il nome dei fanciulli e delle fanciulle che si chiamavano koroi/kouroi e korai.
Bisogna, inoltre, sottolineare che l’olivo – con il quale, sul quale, nel quale Ulisse costruì il suo talamo nuziale – è l’immagine più chiara della procreazione e, quindi, della generazione dei cittadini e della memoria della famiglia. Di quale albero si tratta? Dell’albero genealogico!

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Ma qui è necessario avvertire che presso gli antichi Greci le piante sono degli uomini a rovescio, perché le radici rappresentano la bocca, cioè l’organo con il quale si nutrono. La precisazione è indispensabile per il nostro discorso poiché l’albero genealogico, contrariamente all’immaginario e all’iconografia correnti, era, almeno nell’antichità, a capo di sotto. Tutto ciò è precisamente testimoniato dalla lingua, secondo cui le generazioni future sono chiamate attrverso il nome di discendenti! Il senso del termine non è assolutamente metaforico: i discendenti – scusate il gioco di parole – discendono!

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Dunque possiamo dire che l’umanità defunta non dovrebbe abitare negli alberi, che sono verdi di vita, laddove dovrebbero appunto stare i vivi, ma le radici: gli antenati e i capostipiti vivono in alto. Ma dove? Bisogna allora aggiungere che il mondo delle radici presenta tutte le coordinate a rovescio: la destra a sinistra, la sinistra a destra, il nord a sud e viceversa.
Sappiamo bene che gli uomini amano ricercare le loro radici e sarebbe troppo oltre che superfluo enumerare tutti gli aelementi che contribuiscono a comparare uomini e piante. Basta l’albero genealogico.

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Ma ecco una nuova proposta etimologica, accanto al nome malva, il quale, secondo noi, è legato strettamente a malvagio, a cui, invece, viene attribuita una origine davvero strana: nei vocabolari si dice che derivi dal fantasma latino *malifatium ‘mal fatto’; un nome pressoché di fantasia.
Infine, si può credere che la razza, questo nome che fa paura e ci fa tremare, derivi per così dire dal termine radice. Anche in inglese, il termine race indica sia la razza come ‘stirpe’, sia la ‘radice (di zenzero)’. Per noi il nome razza è in connessione con il latino radice(m) (radix; cfr. il greco rhiza): il senso di radix è il raggio, l’irraggiamento ou l’irradiazione. nello stesso tempo, il sole e il calore evocati da questi nomi indicano naturalmente il calore della vita.

Siamo contenti di aver avvicinato il controverso nome di razza alla cultura e di averlo allontanato dalla biologia. Anche Claude Lévi-Strauss, che scrisse Razza e storia, sarebbe stato contento.


Raffaele Giannetti, docente Fondazione Tagliolini, San Quirico, IT

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